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RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Un morto in milonga

di Marco Celati - lunedì 27 febbraio 2017 ore 08:00

Le indagini del commissario Favati

Domenica mattina presto, inverno, 14 dicembre. Un inverno incerto che alternava nuvolaglia e piogge scroscianti a cieli tersi e freddi. Dietro le nubi basse, sul filo dell'orizzonte, usciva, a tratti, un pallido sole. Mattiniero, il Commissario Favati -Nedo per gli amici, quali?- se ne stava seduto allo scrittoio, davanti alla finestra della casa in collina, a guardare il tempo. Gli dormiva accanto il suo amato gatto nero, Portasfiga. Lo chiamava così. Stava ascoltando un tango, lui, non il gatto che dormiva. "Volver con la frente marchita,/ las nieves del tiempo platearon mi sien./ Sentir que es un soplo la vida,/ que veinte anos no es nada,/ que febril la mirada, errante en las sombras,/ te busca y te nombra./ Vivir con el alma aferrada/ a un dulce recuerdo/ que lloro otra vez." Carlos Gardel. Al commissario piaceva il tango, gli sarebbe piaciuto anche ballarlo, ma si peritava. E poi era sconsigliabile, nella sua posizione. O così credeva. Una musica passionale, nata nei bordelli argentini, che richiedeva un modo altrettanto passionale di danzare. Lo imbarazzava, però il tango era così seducente ascoltarlo e vederlo interpretare. Quella musica gli teneva spesso compagnia, si addiceva alla sua indole malinconica.

C'è da credere alle coincidenze? Che cosa riserva il destino? Ogni cosa è predisposta dagli eventi oppure tutto è determinato da noi? O forse solo una serie di circostanze legano tra loro le nostre vite, mentre le attraversano come fatalità.

La telefonata arrivò dalla Questura a rompere l'equilibrio tra ascolto e meditazione e a scassare i coglioni. Di Domenica mattina. Non c'è pace tra gli ulivi, pensò San Favati martire.

«Non ci posso credere! Mandate la volante. Bloccate tutti, prendete le generalità, Non toccate nulla. Arrivo.»

C'era un morto in milonga! Una sala da ballo delle vicinanze, ricavata in un capannone dismesso nella zona industriale della Valdera. Ci ballano il tango, notte e giorno, "A media luz" si chiama. Infatti quando ci arrivò, il locale si presentava a mezze luci: dentro era ancora immerso nella penombra nonostante fosse passata da poco l'alba. Sembrava più un tramonto, ma albe e tramonti si confondono spesso. Il Commissario non amava la penombra: forse era un problema di vista, forse un'ubbìa, soffriva la mancanza di luce. Gli avventori a quell'ora erano rimasti pochi. Gli orchestrali, quattro, "Los Tangueros", così si facevano chiamare, stavano riponendo gli strumenti e sgombravano il palco.

Il cadavere di un uomo giaceva in fondo alla pista da ballo. È brutta la morte con i suoi sgradevoli odori, il suo orribile spettacolo di umori, sostanze e devastazioni. In questo caso almeno non c'era sangue. Accanto al morto, pietosamente coperto da un lenzuolo, c'era una donna che piangeva. Tra i singhiozzi si esprimeva con un linguaggio secco. Era straniera, svedese. Come il morto, si apprese dall'esame dei documenti: la sua compagna di ballo e di vita.

La signora, al secolo Ulla Liseberg, continuava a ripetere «Sankta Lucia, Sankta Lucia, Yuletide, Gunnar, dålig Gunnar!». Gunnar Skansen era l'uomo rinvenuto cadavere.

Favati con le lingue se la cavava: il vernacolo toscano lo capiva bene, anche tutti i dialetti italiani, frequentando la Questura, l'inglese un po' peggio, figuriamoci lo svedese. Per fortuna la bionda stangona scandinava masticava anche l'italiano e si faceva intendere. E anche apprezzare: quarantasei anni ben portati, un fisico da supermaggiorata, il compagno ne aveva venti di più. Pace all'anima sua.

Ma che ci facevano due svedesi in una milonga?

«A noi piace tango argentino, fatto scuola ballo: tango passione, musica di bordelli. Anche io escort. Come dite voi: puta? Così incontrato Gunnar, some time ago, poi love.»

"Non diciamo proprio puta; va bene escort.» Hai capito la Ulla, un bel tipo davvero!

E così venne a sapere, un po' dalla donna è un po' documentandosi, dopotutto era un investigatore, che Santa Lucia era venerata in Svezia, come da noi in Sicilia, a Siracusa. E anche a Venezia e a Metz, in Francia. E pure in una frazione di Pontedera. La divinità pagana Artemide con le torce di fuoco, la santa martire Lucia con gli occhi nel piattino, che gli aveva sempre fatto senso, erano vergini protettrici della luce che vince sulle tenebre. In Svezia, nel periodo dell'Avvento che precede il Natale, il 13 dicembre, lo "Yul", data nordica del solstizio d'inverno secondo l'antico calendario Giuliano, la Regina della Luce viene celebrata dal tramonto all'alba. Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia e nella notte più lunga dell'anno si veglia per scacciare gli spiriti del male e assicurarsi che sorga nuovamente il sole. Poi il rito prosegue con la processione delle giovani con veste bianca e corona di candele accese in testa. Il rito si chiama "Yuletide" e rappresenta la luce divina che si rinnova.

Va bene che Lucia viene da lux, ma proprio nella milonga "A media luz" dovevate venire per celebrare la festa della luce e scassare le palle al sottoscritto? Si chiedeva, perplesso, il commissario.

«Gunnar superstizioso, povero Gunnar. E anche io. Allora i say: passiamo notte a bailare tango!» Gli fece la donna, come a leggergli il pensiero.

Fu avvisata l'ambasciata di Svezia, a Roma, piazza Rio de Janeiro. Questa commistione svedese-latino americana cominciava a rompere e insospettire. L'addetto, annunciando l'interessamento dell'ambasciatore, informò il Commissario che Gunnar Skansen era un ricco imprenditore. Un editore che doveva la sua fortuna ad una collana indovinata di gialli e noir che in Svezia vanno per la maggiore e sfornano autori e best seller, uno dopo l'altro. Il crimine, specie efferato e seriale, paga in quei freddi paesi del nord. Si scaldano così. Probabilmente il signor Skansen si trovava in Italia per passare le festività natalizie e, magari, reclutare nuovi scrittori: tutti, anche nel Bel Paese, ormai scrivono gialli. Invece Ulla Liseberg, che da tempo l'editore frequentava, aveva in effetti lavorato in case d'appuntamento e c'era solo un piccolo particolare: il suo nome originario non era Ulla, ma Ulrik. Era un trans. Proprio un bel tipo, allora, anche all'anagrafe! Del resto, non tutti i gusti sono alla menta, pensò il Commissario in toscano, tenendosi sul "politically correct" che pensò direttamente in inglese, trattandosi di un caso internazionale.

Del resto che ne sappiamo noi dell'amore? Che ne sapeva lui, lo capiva? Insomma, sordo non era. Ma non sempre accade o non si sa. É difficile riconoscere l'amore, anche quando capita. Figuriamoci se no. L'amore è un sortilegio. A lui forse non era capitato o non era stato capace di riconoscerlo, a Gunnar invece era capitata Ulla, che poi era Ulrik, e si vede da qualcosa l'aveva riconosciuto, l'amore.

Disposto, previo interessamento dell'Ambasciata, l'esame autoptico, affidato, come sempre all'esperto dottor Magnani, detto Brucione, l'autopsia rivelò che la morte era intervenuta per infarto miocardico fulminante del ventricolo sinistro. E che il defunto aveva ben tre by pass. Cazzo!

E venne anche fuori che il povero signor Gunnar, che, come si è appreso, così povero non era, non avendo eredi, aveva già intestato tutte le sue proprietà all'amata Ulla o all'amato Ulrik che dir si voglia.

«Cara signora Ulla, scusi, lei sapeva che il signor Gunnar aveva tre by pass e precedenti manifestazioni di arresto cardiaco gravi?"

«Mio povero Gunnar?!» E dai con questo povero! «No i don't know, non so di questo!»

«Sicura? Verbalizziamo?»

«Ya, lui mai detto me, never! Povero...» Ancora! Qui l'unico povero sono io, con le paghe che si riscuotono in polizia, pensava, spazientito, il Commissario Favati.

«Invece lo sapeva eccome! Approfittando della sua credenza per Santa Lucia, l'ha indotto a ballare tutta la notte, mirada dopo mirada, tanda dopo tanda: savada, ocho adelante, pivot, ocho atras. Di continuo. Me l'hanno detto gli altri ballerini, gli orchestrali e l'ha confermato anche il gestore, Duilio Giovacchini, detto Naschino.»

«Conosce bene il tango Commissario, balla anche lei?»

«No, mi vergogno. Non ballavo nemmeno l'asso con la doppia coppia.»

"What?»

«Lasci perdere, signora, lei ha fatto ballare il suo compagno, finché non è stramazzato. Così Gunnar è diventato povero e lei ricca!»

«Sorry!?»

«Ulrik, macché sorry e sorry! L'hai ucciso te: questa è la verità! Omicidio indotto.»

La signora Ulla a questo punto, come si dice, tirò fuori gli attributi, disponendone e con una voce improvvisamente bassa e cavernosa gli disse, d'un fiato, guardandolo negli occhi:

«Non è vero, io l'amavo. E poi che prove avete, caro Commissario dei miei coglioni!»

Parlava anche meglio l'italiano, pensò Favati, e pensò anche che prove, in effetti, non ne aveva. L'unica cosa certa in quella storia erano i coglioni di Ulla, offese a parte a pubblico ufficiale.

L'inchiesta finì con una relazione al Questore e una all'Ambasciata. L'editore svedese era molto in vista nel suo Paese e le regie autorità non avevano voglia di scandali, più di quelli sollevati dalla stampa. Già c'era stato il clamore del Nobel a Dylan che era scomparso. Così Ulla tornò in Svezia libera, addolorata, ma niente affatto povera. La collana giallo noir svedese proseguì la sua escalation di scrittori e di successi. Ulla e Ulrik se ne intendevano della semplice arte del delitto.

Marco Celati

Pontedera, 2 Gennaio 2017

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"Tornare con la fronte appassita,/ le nevi del tempo hanno imbiancato le mie tempie./ Sentire che è un soffio la vita,/ che venti anni non sono niente/ che febbrile lo sguardo, errante nelle ombre,/ ti cerca e ti chiama./ Vivere con l’anima aggrappata/ a un dolce ricordo/ che piango ancora." Carlos Gardel, "Volver".

Marco Celati

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