La poesia di Michele Brancale : “L’apocrifo nel baule"
di Riccardo Ferrucci - mercoledì 30 ottobre 2019 ore 17:06
Michele Brancale è nato in Basilicata nel 1966 e vive a Firenze. Giornalista e scrittoreha pubblicato le raccolte di poesieLa fontana d’acciaio (Polistampa, 2007), Salmi metropolitani(Edizioni del Leone, 2009, pref. di A. Tabucchi), La perla di Lolek (Giuliano Ladolfi, 2011), A regime di brezza mite (Lucaniart, 2012), Rosa dei Tempi (Passigli, 2014, pref. di Gianni D’Elia), L’apocrifo nel baule (Passigli, 2019, pref. di Roberto R. Corsi).Ha scritto i racconti Soave e invecchiato (Polistampa, 2007), Il braccialetto di Toledo (Giuliano Ladolfi, 2012) e il romanzo Esodo in ombra (Giuliano Ladolfi, 2016).
Brancale nella sua ultima raccolta L’apocrifo nel baulecontinua la sua ricerca poetica in una stagione che dedica sempre meno attenzione e spazio alla poesia e alla cultura. La sua opera si presenta come un dialogo, quasi sottovoce, sul tempo, con ricordi e illuminazioni che si alternano in un sapiente gioco letterario.
“ Michele Brancale - ha osservato Francesco Prisco - non ha alcun timore a confrontarsi con forme canoniche della produzione poetica italiana, e quando usa il verso sciolto non rinuncia ad un senso della musicalità probabilmente mediato da una ideale tradizione che parte dall'Ermetismo e arriva a Giorgio Caproni. I versi di Brancale scivolano leggeri sotto gli occhi del lettore che, preso da quello che a tutti gli effetti gli è posto come un racconto, a un primo sguardo neanche fa troppo caso alla pure precisissima struttura metrica che sorregge l'opera.”
In questa raccolta il tempo, che passa e cancella i ricordi, diventa protagonista di un viaggio nella memoria che diventa un percorso quasi alla scoperta di sentimenti e passione profonde. Il canto poetico cerca di illuminare segreti e dimensioni profonde della nostra vita, in un viaggio nella memoria che diventa ermetico viaggio dentro di noi.
Scrive Brancale “ Nonostante siano passati anni/ dalla fine della guerra, mi sveglio/ di soprassalto nella notte,preso / da quella stessa voce che mi spinge,/ ogni giorno, a costruire una diga / al male che deflagra, all’esplosione.” E’ un sentimento di dolore e perdita quello che si respira nell’ultima raccolta, di montaliana memoria, che cerca di gettare uno sguardo dove l’ombra s’addensa, dove il mistero è più penetrante. Il ruolo del poeta è quello di testimone, mai protagonista della scena, semmai cronista di una storia difficile da comprendere e decifrare.
“ E’ in quel nuovo sorriso che scorgo/ tra le sue rughe, sul suo volto assorto: / è nella favola che lei si porta via.” In questi versi di chiusura si racconta la fine della favola e dei sogni del bambino, che la vita e il dolore si porta via. Sullo sfondo si avverte un senso di vuoto e perdita che accompagna l’ultima illuminante raccolta di Michele Brancale, un poeta che non si stanca di interrogare il passato per raccontare il presente e gettare uno sguardo verso il nostro futuro.
Riccardo Ferrucci