Il mio Kubrick: conversazione con Andrea Gnocchi
di Riccardo Ferrucci - giovedì 18 aprile 2019 ore 14:09
Andrea Gnocchi, terza generazione di una famiglia di pittori, nasce nel 1975 Gallarate (VA). Inizia la sua formazione artistica nello studio del padre, intraprendendo poi la carriera scolastica, frequentando il Liceo Artistico per poi proseguire diplomandosi all’Accademia d Belle Arti di Brera, Milano. Dopo varie esperienze nei campi della decorazione e nella pubblicità si rende conto che la pittura è la sua vera strada ed inizia una ricerca sui materiali e sulle tecniche, avvicinandosi all’arte moderna senza dimenticare lo studio dei grandi Maestri. Nel suo percorso affronta diverse tematiche riuscendo ad arrivare ad uno stile pittorico unico che lo contraddistingue. L’avventura intrapresa e realizzata da Andrea Gnocchi è di avvicinarsi alle immagini con leggerezza, lievità, cercando di cogliere gli elementi essenziali della costruzione cinematografica con una successione di fermi/immagine, che danno vita ad una nuova visione poetica, rispettosa dell’originale fotogramma e dello sguardo unico kubrickiano.
Abbiamo incontrato l’artista Andrea Gnocchi che ha presentato, all’interno delle iniziative collaterali del Lucca Film Festival, la sua mostra “Kubrick tra pittura e cinema”. Come nata l’idea di questa mostra omaggio al grande regista americano?
L’idea è nata inizialmente come un sfida. Ogni pittore necessita di nuovi stimoli per cercare di trasformare la sua idea di arte. Confrontare la mia pittura con il cinema è stato un percorso estremamente interessante e poi ho un rapporto privilegiato con Kubrick che è stato uno dei primi registi che ho imparato ad apprezzare. Ho amato molto il romanzo “Nato per uccidere” di Gustav Hasford da cui è partito Kubrick per realizzare il suo “Full Metal Jacket” e quindi oggi il mio viaggio nel mondo di Kubrick è stato un modo per approfondire la sua poetica e il suo modo assolutamente unico di fare cinema.
Tra i registi contemporanei Stanley Kubrick è uno dei più attenti nella costruzione dell’immagine fotografica. Nasce come fotografo e questa sua esperienza lo porta ad una cura quasi maniacale dell’immagine e dell’inquadratura.
Ho il massimo rispetto del regista e del suo approccio visivo, non ho distorto le sue immagini. Ho soltanto preso dei frame dei suoi personaggi e delle sue scene rielaborandoli con la mia tecnica pittorica. Ho avuto il massimo rispetto, quasi sacrale, delle sue costruzioni filmiche, perché comprendo la cura minuziosa di ogni dettaglio per arrivare ai risultati finali della sua opera. I miei dipinti rispettano la sua costruzione scenica e il suo gusto dell’immagine, sono fedeli; l’unico spazio di libertà che mi sono concesso è stato quello di intervenire con la mia tecnica.
In questa mostra prevale l’attenzione nei confronti di 2001 odissea nello spazio, un film a cui dedichi una sezione e un numero di dipinti maggiore rispetto alle altre opere. Quali ragioni ci sono dietro questa tua scelta?
Prima di tutto sono trascorsi da poco cinquanta anni dall’uscita del film, un’opera rivoluzionaria che ha influenzato profondamente la cultura visiva del nostro tempo ed ha lasciato tracce profonde nella storia del cinema. Forse è il film che maggiormente rappresenta lo stile cinematografico unico di Kubrick.
In un testo in catalogo Alberto Crespi sostiene che hai avuto coraggio a confrontarti con un mito del cinema come Kubrick e bisogna considerare inoltre che la moglie Christiane è una pittrice che invade la scena soprattutto nell’ultimo film Eyes Wide Shut, dove l’appartamento dei coniugi Cruise/Kidman è pieno dei suo dipinti.
Ho cercato di fare un percorso autonomo nel suo cinema, non considerando il suo mito e la sua grandezza. Ho cercato di estrapolare dal suo magico universo alcune immagini particolari che sono diventate significanti per me e per il mio lavoro artistico.
Il regista Kubrick non era quasi mai completamente soddisfatto del suo lavoro, continuava ad intervenire sulle sue opere in fase di montaggio e in fase di edizione; ciò è accaduto anche per opere celebri come Shining o 2001 odissea nello spazio. Te sei soddisfatto del tuo lavoro e delle opere che hai realizzato?
Ogni quadro è come un figlio e quindi mi appartiene. Ad un certo punto devi mollare il tuo lavoro e presentarlo al pubblico, perché ogni opera se rimane nel mio studio diventerebbe modificabile, cercherei di aggiungere altri particolari e arrivare ad un risultato poetico diverso. Sono curioso di vedere il risultato finale di questo progetto in quanto non ho mai avuto occasione di vedere tutti i dipinti esposti insieme nello stesso spazio, anche perché ci sono voluti circa quattro anni.
Hai realizzato ventotto dipinti dedicati al cinema di Kubrick, un lavoro estremamente interessante, ma il tuo interesse sul cinema si può trasferire anche su altre opere o autori oppure resta legato al cinema del regista americano?
Sono attratto da tutte le forme di comunicazione moderne e, tra queste, il cinema resta forse l’arte più duratura nel tempo. Spesso le immagini dalle quali siamo bombardati invecchiano molto in fretta, al contrario le visioni del cinema restano a lungo nella nostra memoria. Resto colpito dall’utilizzo di nuove tecnologie nel cinema per costruire immagini sempre diverse e mi affascinano queste costruzioni tecniche e scenografiche che riescono a cambiare il nostro modo di vedere il mondo.
Riccardo Ferrucci